IEMO inaugura il percorso di riabilitazione per pazienti maculopatici

19 gennaio 2024

L’Istituto Europeo di Microchirurgia Oculare, IEMO, ha recentemente attivato la riabilitazione visiva per i pazienti maculopatici con biofeedback microperimetrico. L’obiettivo è il recupero e il miglioramento dell’acuità visiva tramite un ciclo di riabilitazione settimanale di dieci sedute della durata di una decina di minuti l’una, seguiti da un una fase a cadenza variabile allo scopo di mantenere i progressi ottenuti basata sulle necessità e le caratteristiche del paziente.

Sulle questioni di ipovisione e riabilitazione visiva risponde alle vostre domande la dottoressa Kawtar Faik, ortottista dell’Istituto Europeo di Microchirurgia Oculare.



Cosa si intende per ipovisione?

 

L'ipovisione è una condizione di minorazione visiva di rilevante entità, irreversibile, non correggibile tramite interventi chirurgici, cure farmacologiche, occhiali o lenti, e che

ostacola le attività dell'individuo, impedendogli di interagire in maniera autonoma con l'ambiente circostante.

Questa minorazione visiva può essere dovuta ad una forte diminuzione dell'acuità visiva, ma può anche essere associata ad una riduzione del campo visivo.

 

Ci sono diversi tipi di ipovisione?


Certamente. Si possono distinguere tre forme di ipovisione: centrale, legata quindi alla macula e che riduce la vista al centro del campo visivo, quella periferica che influisce sull’ampiezza del campo visivo e quella mista che può invece influire su entrambe. 

Dal punto di vista della gravità dell’ipovisione, possiamo invece dividere l’ipovisione in lieve, medio-grave e grave.
Si parla di ipovisione lieve quando l’acuità visiva è non superiore a 3/10 in entrambi gli occhi o nell'occhio migliore, anche con eventuale correzione, o residuo perimetrico binoculare inferiore al 60%, mentre ricade nel medio grave un’ipovisione con acuità visiva non superiore 2/10 in entrambi gli occhi o nell'occhio migliore, anche con eventuale correzione, o residuo perimetrico binoculare inferiore al 50%. 

Nelle ipovisioni gravi il paziente non supera 1/0 in entrambi gli occhi o nell'occhio migliore, anche con eventuale correzione, o residuo perimetrico binoculare inferiore al 30%.

 

È importante ricordare che dal punto di vista legale (legge n.138 del 3 aprile 2001) si definisce ipovedente un individuo che presenta un'acuità visiva nell'occhio migliore, non migliorabile con lenti, non superiore a 3/10, o un residuo perimetrico binoculare inferiore al 60%.



È legata a qualche malattia degli occhi?


Le patologie che possono condurre ad una condizione di ipovisione sono molteplici. È importante ricordare tra queste la degenerazione maculare legata all’età, la degenerazione maculare miopica, la retinopatia diabetica, la retinite pigmentosa, il glaucoma e la malattia di Stargardt.



Come funziona la riabilitazione visiva? 

 

A seguito di un danno maculare retinico cronico, il cervello mette spontaneamente in atto una strategia adattiva volta a far convergere l’immagine in una regione di retina sana adiacente all’area colpita dalla malattia. Questa regione, detta Preferred Retinal Locus (PRL), essendo lontana dall’area centrale della visione, è tuttavia povera di fotorecettori e dunque poco ‘ricettiva’. Questo porta inesorabilmente ad un processo di adattamento instabile e di conseguenza ad una compromissione dell’acuità visiva, oltre che ad una perdita della sensibilità al contrasto e alla percezione dei colori.

Esiste comunque la possibilità di sfruttare questo stesso processo di adattamento in modo controllato, per allenare il cervello a far convergere l’immagine nella regione della retina migliore possibile, chiamata Trained Retina Locus (TRL), riducendo quindi al minimo la perdita visiva causata dal processo spontaneo. Si tratta di un protocollo riabilitativo chiamato Biofeedback che, grazie all’aiuto di un software apposito, sfrutta i meccanismi di adattamento e plasticità del cervello per aiutare il paziente a vederci meglio. 

 

Tramite il programma di riabilitazione biofeedback il paziente viene allenato a fissare con la porzione della retina stabilita dall’esaminatore, con la guida di un impulso sonoro.

Quest’ultimo è intermittente e la sua frequenza aumenta man mano che il paziente avvicina la sua fissazione all’area della retina prefissata. 

 

In sostanza, una volta raccolta un’esperienza, il cervello può ricordarla migliorando le prestazioni neuro-visive, attraverso il trasporto dello stimolo luminoso dalle aree retiniche funzionali residue alle aree corticali deputate alla visione dei dettagli.

 



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